Per questo mi chiamo Giovanni


Il libro che racconta la vita di Giovanni Falcone


Premessa 

Lo scopo di questo post è di raccontare tutto ciò che riguarda il lavoro svolto in classe sulla “mafia”, utilizzando un libro in cui viene raccontato la vita di GIovanni Falcone e come la mafia agisce. 

Il libro viene narrato da Giovanni, un piccolo bambino di 10 anni che vive a Palermo in cui racconta di una giornata molto importante con il papà, in cui racconterà al figlio la storia di Giovanni Falcone, di tutto ciò che riguarda della sua vita e della sua morte. 


Per riuscire a realizzare questo post mi sono servito: 

  • il libro di Luigi Garlando, “Per questo mi chiamo Giovanni”

  • Scuola.net 

  • video su youtube 


Gli anni della gioventù. Da ragazzo qualsiasi a personaggio

Nel libro, il padre promette al figlio che quando avrà compiuto 10 anni, avrebbe raccontato una storia di un uomo, portandolo in giro per le zone di Palermo e gli avrebbe spiegato perché ha deciso di chiamarlo Giovanni. 

Quando furono arrivati nella spiaggia di Mondello, oltre al fatto di riposarsi, iniziò a spiegargli che lui (inteso Giovanni) portava un nome di un grande magistrato che ha combattuto per molto tempo contro la mafia, gli desse che il grande uomo in questione fu Giovanni Falcone, e gli raccontò che questo grande uomo è morto lo stesso giorno in cui lui (inteso Giovanni) è nato e il padre decise di dargli il nome di Giovanni per dare un omaggio a questo grande uomo. 


Il legame tra il padre di Giovanni e Cosa Nostra

Ovviamente non appena Giovanni venne a sapere il vero motivo di perché si chiamasse così, venne a conoscenza di una parola nuova, “Mafia”, e lui chiese subito spiegazioni di che cosa potesse essere questa parola e del suo significato, e lui senza n’è fretta e furia, gli spiegò tutto nel dettaglio: La parola mafia compare per la prima volta nel 1868 con un significato di prepotenza e miseria. Per provare ad essere più chiaro,la paragona ad una cosca, ovvero una testa di carciofo e che tutte le foglie che ha, che non contavano quasi a nulla, si chiamano picciotti. Il nucleo di tutta questa organizzazione era una persona detto il Boss. Precisa che ogni foglia che la testa di carciofo ha, è una famiglia mafiosa, che dettano delle proprie leggi e raggiunge luoghi che si pensa non raggiungano mai, come i tribunali. Però il padre confessa a Giovanni che anche lui è stato vittima di mafia, che ogni mese, delle persone venivano nel mio negozio a ritirare il pizzo che lui doveva dare, il pizzo è una sorta di pagamento che se non si rispetta, rischi dei guai seri. Il padre continua raccontando che dopo la strage di Giovanni Falcone a Capaci e l’attentato di Cosa Nostra, decise di non pagare più il pizzo e denunciare il tutto. La mafia, dopo questa denuncia, risponde a lui (inteso il padre) facendogli esplodere il negozio di Peluche che gestiva con molta cura e fortunatamente, non si trovava all’interno del negozio e con questa esplosione,si salvò un peluche che aveva le zampe bruciate,ed è il peluche preferito di Giovanni.

Per far capire meglio ha Giovanni con la cattiveria che agisce la mafia, gli racconta di un bambino di nome Giuseppe, è stato sottratto dalla propria famiglia dalla mafia e infine sciolto nell’acido perché l’unico problema è che era figlio di un pentito e di collaboratore di giustizia. 

Giovanni dopo questi racconti capì subito gli ideali e la prova di coraggio che ha avuto Falcone nel combattere la mafia e così prese coraggio e fece prevalere la legge del più forte anche nel suo piccolo. Questo perché all’interno della sua scuola, c’è un bullo di nome Tonio, che costringe i compagni di dargli le loro paghette e nessuno non lo denunciava per paura. Giovanni decise di dichiarare il tutto alla maestra, ci guadagna un occhio nero ma così facendo, la classe ha ottenuto la sua giustizia. 


Rituali

Per poter entrare nella famiglia mafiosa bisognava fare un giuramento, che consisteva nel versare delle gocce di sangue su un santino e tenerlo in mano mentre brucia. Dopo la persona verrà considerata uomo d’onore. 

Poi ci sono i pentiti, sono quelle persone mafiose catturate dalle forze dell’ordine che poi si pentiranno e confesseranno tutto alla polizia per alleggerire la loro fedina penale e denunciare altri clan di altri boss. 

Giovanni Falcone si ritrovò ad interrogare uno di loro e l’uomo in questione fu Tommaso Buscetta, lui era un ragazzo con cui falcone ci giocava da piccolo nell’oratorio. L’8 novembre 1985 furono depositate 600 mila pagine di prove e infatti l’11 novembre del 1986 ci fu la grande vittoria, cominciò il maxi processo a Palermo, in un’aula bunker del carcere dell’Ucciardone in cui ci furono 210 facce dentro a numerose gabbie e dopo circa quasi 2 anni ci fu la sentenza che condanna il mostro a 19 ergastoli, 2665 anni di carcere e con ben 11 miliardi e mezzo di multa 


Conclusioni

Eseguire questo lavoro è stato molto di ripasso, perchè questo argomento l’avevo affrontato già alle medie assieme alla lettura del libro. Eseguire questo lavoro è allo stesso momento educativo perché fa capire in cosa si può andare incontro ogni giorno a spiacevoli inconvenienti e fa capire il coraggio di una persona nel combattere questo brutto mostro. Mi è piaciuto molto la fine del libro perché Giovanni ha chiarito tutti i suoi dubbi e ha dimostrato coraggio nel sconfiggere il bullo Tonio a scuola e al papà di dire questa storia perché in fin dei conti, può essere una lezione di vita e fa capire che bisogna stare sempre attenti.

Per creare questo post ho impiegato un giorno lavorativo.


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